Biblioteca Civica Bertoliana

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Outdoor educazione senza confini

Outdoor educazione senza confini

Quando il tetto è il cielo e le pareti sono orizzonti: crescere all'aria aperta Non fa troppo freddo per uscire a giocare? È sicuro lasciare che i bambini si arrampichino sugli alberi? E se i nostri figli avessero bisogno della natura più di quanto immaginiamo? Con queste e altre domande, Federica Pepe ci guida alla scoperta dell'outdoor education, un approccio pedagogico che trasforma la natura in una grande aula a cielo aperto. Attraverso il racconto di esperienze vissute in prima persona in Svezia, l'autrice ci invita a mettere da parte le paure e i pregiudizi per riscoprire il valore educativo del contatto con l'ambiente. Outdoor educazione senza confini è quindi un viaggio nel cuore di un metodo che promuove autonomia, resilienza e creatività, immergendo i piccoli in un mondo di stimoli autentici. Dai boschi innevati ai cortili delle scuole, Federica descrive una quotidianità fatta di abiti impermeabili e nanne all'aperto, ma anche di mani che scoprono, occhi che osservano e menti che imparano. Infatti, come dice l'autrice, «l'outdoor non è solo un luogo in cui ci si colloca, ma è anche ciò che i bambini imparano nel momento in cui osservano la natura, raccolgono un pezzo di legno, scoprono cosa accade se si lancia lontano un sassolino». Con uno sguardo appassionato e una narrazione che intreccia riflessioni pedagogiche, aneddoti famigliari e spunti pratici, il libro offre ispirazione per genitori, educatori e chiunque desideri ripensare il rapporto con la natura, trasformandola da sfondo a protagonista di una crescita libera e indipendente. Con un contributo di Danilo Casertano, responsabile degli Asili nel bosco e del movimento Scuole Naturali.

Dopo la festa

Dopo la festa

Una telefonata dell’Associazione per le persone scomparse porta Stevo a riaprire gli archivi in cui suo padre, morto da poco, aveva scrupolosamente raccolto le testimonianze sui crimini di guerra commessi dal 1992 al 1995 nella ex Jugoslavia. Invitato a collaborare con l’associazione, Stevo viene a conoscenza di un episodio sconvolgente, sul quale nessuno ha mai pensato di dover fare luce: nell’estate del 1992, nella provincia di Bosanski Brod si perse ogni traccia dei bambini rom che viaggiavano su tre autobus verso l’Unione Europea, bambini che non erano né bosgnacchi né croati né serbi; bambini di nessuno che non potevano essere esibiti negli scontri sulla memoria collettiva, e per i quali nessuno ha mai invocato giustizia. In un labirinto di ricordi e inganni, Stevo scava nella memoria, dispiegando brillantemente un mosaico di storie di padri e figli, e intanto si interroga sul ruolo della scrittura e sulla possibilità di mettere il male sulla pagina, nero su bianco. La sua è l’esplorazione tormentata e appassionata di un uomo che raccoglie il testimone del padre, la sua eredità morale insieme all’eredità della scrittura, facendo così proprio l’imperativo di opporsi all’ingiustizia con il cuore aperto e una macchina da scrivere. Da una voce inconfondibile del panorama letterario dei Balcani, capace di raccontare le ferite, lo smarrimento, la solitudine e l’amore con sincerità, e anche leggerezza, quello di Stevo Grabovac è un romanzo che tocca corde universali, dispiegando la forza quieta delle storie che non finiscono quando si gira l’ultima pagina.

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